EDITORIALE
1972-2022: inizia con questo numero l’anno del nostro giubileo. Ce
l’abbiamo fatta. Cinquant’anni dalla fondazione e ventidue da quando
siamo stati “forzati” all’indipendenza. Per un attimo cerchiamo di non
pensare al passaggio degli anni che ci fa invecchiare e proviamo solo a
gongolare un po’ per aver raggiunto un traguardo importante. E questo
vale per tutti: collaboratori e lettori. Molti dei nostri abbonati
conservano la rivista dal primo numero. Come avremmo fatto senza di voi?
Non possiamo che ringraziarvi per la fiducia e il sostegno.
I pensieri e giudizi sul cinquantennio passato saranno il leitmotiv di
questo e dei prossimi numeri di quest’anno.
L’intervista di apertura vede come protagonisti Frédéric Zigante e
Francesco Biraghi. Si tratta di un ideale passaggio di testimone, visto
che il primo è appena approdato al Conservatorio di Milano e il secondo
si prepara per lasciare il posto il prossimo anno. Entrambi avevano
frequentato il Conservatorio milanese come allievi nella classe di
Ruggero Chiesa.
Bentornato Frédéric!
Termina con la settima e ultima puntata la ricerca di Romolo
Calandruccio su Ferdinando Carulli che ci ha accompagnato per due anni.
Un importante approfondimento su tutte le sfaccettature della vita e
dell’attività di un personaggio che non ha mai smesso di esercitare la
propria influenza su generazioni di chitarristi per più di due secoli.
Tra di noi chiamavamo questa serie di articoli “la Carulliade”: ogni
volta sembrava dovesse essere la penultima puntata, che poi essendo
troppo lunga andava divisa e quindi la fine continuava a spostarsi.
Sicuramente la consultazione di questo lavoro sarà imprescindibile per
chi volesse approfondire la ricerca in futuro.
Le composizioni di Mertz appaiono regolarmente ormai da decenni nei
programmi da concorso e da concerto. Tuttavia, il compositore stesso non
ha attirato particolarmente l’interesse dei ricercatori. La sua
biografia presenta grandi lacune e l’articolo di Graziano Salvoni viene a
completarne una parte, quella relativa agli esordi della sua attività
concertistica nella propria città natale, Pressburg, l’odierna
Bratislava.
Diamo il benvenuto all’articolista che collabora con noi per la prima
volta.
Con grande piacere salutiamo l’arrivo tra i nostri collaboratori «fissi»
di Evangelina Mascardi. Dopo aver ascoltato per due anni i suoi
interventi durante il Convegno di chitarra e avendoli trovati sempre
interessantissimi e stimolanti, abbiamo pensato di chiederle di scrivere
per «il Fronimo»: interventi brevi su argomenti relativi alla musica
antica, ma sempre presenti in ogni numero. Evangelina ha accettato e ha
promesso di non mancare gli appuntamenti trimestrali con la nostra
rivista. Ecco allora la prima puntata della nuova rubrica che si chiama
«Il quaderno di Evangelina»: l’argomento è il Tombeau, un genere antico
che non ha perso i collegamenti con l’epoca moderna. Collegamenti anche
inaspettati, come vedrete.
Purtroppo quest’autunno abbiamo perso due importanti protagonisti della
storia della chitarra di ques’ultimi cinquant’anni. Aldo Minella faceva
parte della gloriosa schiera degli allievi di Segovia che hanno creato
scuole e diffuso il verbo segoviano per il mondo. Era inoltre un
personaggio importantissimo del mondo chitarristico milanese. Perciò,
oltre all’In memoriam tradizionale a firma di Giuseppe Chiaramonte,
ospitiamo gli scritti di allievi e amici che lo hanno voluto ricordare
sulle nostre pagine. In ordine alfabetico: Vittorio Casagrande, Paola
Coppi, Roberto Da Barp, Sharon Isbin, Agostina Mari, Antonio F. Mormina,
Guido Muneratto, Giulio Odero.
Il 3 ottobre è mancato anche Thomas Heck, che con la famosa tesi su
Mauro Giuliani (1970) aprì la strada alla musicologia chitarristica
diventandone il pioniere. Uno dei grandi protagonisti di questi ultimi
cinquant’anni, affezionato collaboratore del Fronimo e buon amico. L’In
memoriam è firmato da Marco Riboni.
Per quanto riguarda l’attualità, abbiamo visto con piacere (e sollievo)
che piano piano l’attività concertistica e le varie manifestazioni
stanno riprendendo il via.
A Milano abbiamo avuto il Convegno, che in realtà non ha subito
interruzioni, con buona presenza di pubblico e tanti tanti invitati. Ad
Alessandria o a Milano, quello che più ci fa piacere nel Convegno è
l’opportunità di salutare amici, conoscenti, abbonati che altrimenti
raramente incontriamo. Purtroppo le mascherine ci hanno tolto parte del
piacere, visto che rendono difficile il riconoscimento. Speriamo che il
prossimo anno le cose siano diverse.
A Padova si è svolto finalmente a settembre, nel Barco Teatro, il
Festival «Homenaje» che a causa della pandemia era stato rinviato più
volte. Non siamo stati presenti, ma le testimonianze ci dicono che è
stato un grande successo. Alla prossima!
A Milano, invece, abbiamo potuto ascoltare quattro bellissimi concerti
grazie al Festival «Corde d’Autunno» organizzato dall’infaticabile e
intraprendente Marco Ramelli. Abbiamo ascoltato Andrea De Vitis, Lorenzo
Micheli e Matteo Mela (alias SoloDuo), Evangelina Mascardi (con
programma tutto dedicato a Weiss) e Andrea Dieci. Era tempo che non
ascoltavamo applausi così fragorosi: è ovvio che i concerti dal vivo
erano mancati a tutti. Il festival era, come sempre, ospitato dal Centro
Asteria cui va il nostro ringraziamento per tutte le attività che
svolge. Le suore che lo gestiscono sono persone ammirevoli, oltre ad
essere simpaticissime.
Chiudiamo ripetendo l’invito che abbiamo rivolto a tutti i nostri
lettori nell’editoriale dello scorso numero: inviateci i vostri
pensieri, valutazioni, ricordi del cinquantennio 1972-2022. Vorremmo
poterne pubblicare almeno una scelta nel numero 200. Restiamo in attesa
di leggervi.